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L'IsolaMagica

La cucina incantata di Camille

 

di Monica Benvenga

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Camille! Camille! Non mi senti?

 

Dopo aver pronunciato quelle parole, il nonno, alzando gli occhi al cielo, si avvicinò a sua nipote e le tolse dall’orecchio le cuffiette, ma Camille continuava a cantare Enchanted di Taylor Swift. “Non smetterò mai di chiederti come fai a leggere un libro con la musica che vibra nelle tue orecchie”, disse il nonno. “Voi ragazzi siete incredibili”, e sorrise.

 

Camille era nata a Messina, da padre siciliano e madre francese di Saint-Rémy-de Provence. Dentro di lei vi erano la forza, l'orgoglio e la generosità del padre unita alla delicatezza, all’eleganza e alla determinazione della madre: un vero connubio di stili. Il padre e la madre si erano incontrati sull’isola di Lipari, dove il padre, insieme al nonno, gestiva un ristorante. La madre era andata in quel luogo meraviglioso per una vacanza e lì sia il padre che la sua cucina le avevano conquistato il cuore. 

Camille aveva profondi occhi scuri e un nasino all'insù quasi impertinente. I suoi capelli erano dorati come le spighe del grano appena raccolto. Era snella e più alta delle sue coetanee. Frequentava a Messina la seconda media e d’estate, una volta finita la scuola, Camille correva a Lipari ad aiutare il padre con il ristorante. Anche la madre, ironia della sorte, aveva un ristorante a Saint-Rémy de-Provence, che aveva dato in gestione per poter stare con Camille e suo padre. Era destino che Camille volesse diventare uno chef, e amava entrambi i paesi e i genitori.

 

Le isole Eolie dove si trova Lipari insieme a Vulcano, Salina, Stromboli, Filicudi, Alicudi e Panarea, prendono il nome da Eolo, che dal greco antico significa “Re dei Venti”. Secondo la mitologia greca, Eolo cercò riparo su queste isole: viveva a Lipari e riusciva a prevedere le condizioni del meteo e la direzione dei venti osservando la forma del fumo che sbuffava dal vulcano attivo poco distante da lì, probabilmente lo Stromboli. A tutt’oggi Vulcano e Stromboli sono ancora vulcani attivi. Camille rimaneva sempre estasiata dall’eruzione dello Stromboli, che con le sue piccole esplosioni lanciava in aria bombe e brandelli di lava simili a fuochi d’artificio.

 

La natura è davvero straordinaria”, pensava, “è il motore della vita, perché ci regala emozioni, ricordi, momenti unici e indimenticabili”. Camille aveva la fortuna di poter annusare l’odore salmastro del mare di Lipari, e quello floreale della lavanda d’estate a Saint-Rémy de-Provence, che sa di pulito e fresco, un aroma limpido e selvatico, delicato, persistente e calmante. Camille al mattino amava svolgere i compiti delle vacanze per finirli il prima possibile, così per un po’avrebbe potuto dedicarsi a quello che amava di più, ovvero il mare e la cucina. 

 

Quel pomeriggio assolato, Camille arrivò saltellando al ristorante. A quell’ora stavano riposando tutti e lei poteva provare a cucinare i suoi piatti indisturbata. Il ristorante del padre si chiamava “Vulcano”: era un luogo magico che si affacciava sul mar Tirreno, un ambiente naturale ricco di flora e fauna, dove si poteva arrivare facilmente in meravigliose spiagge, cale, grotte, insenature, e dove ci si poteva immergere in un mare blu con fondali marini unici e magici. Camille, infatti, aveva già iniziato un corso di snorkeling a Capo Rosso, meglio conosciuta come la spiaggia bianca, dove l’acqua del mare è particolarmente turchese e brillante. 

 

Arrivata in cucina, la ragazzina si mise il suo bel grembiule bianco candido e iniziò a cercare tutto il necessario per cucinare qualcosa di buono. Prese i gamberi, anzi il mitico “gambero rosso”, il pesce bandiera, le mandorle, i pinoli, i capperi denominati “Re dell’isola”, il sesamo e il finocchietto selvatico. Spadellò tutto insieme con un po’ di vino Eolia bianco, un vino profumato di iodio e salsedine, e erbe di roccia, che donavano al piatto un sapore molto intenso. Infine, rifinì il piatto con fiorellini edibili, cioè commestibili, molto buoni da gustare, come i fiori di zucca, i nasturzi, le violette, i fiori di pisello dolce e i fiori di camomilla. Una gamma di sapori che andavano dal dolce al piccante! Era stata la mamma ad insegnarle questo piccolo segreto. Il piatto di Camille era colorato e molto gustoso e, quando veniva servito al ristorante, molti clienti chiedevano chi fosse lo chef che avesse così tanta fantasia. 

 

Camille aveva un sogno da realizzare: diventare una grande chef. Avrebbe girato il mondo e carpito ogni ingrediente segreto del posto dove sarebbe andata, che fosse Lipari, la Francia, la Spagna e chissà quale altro luogo magico avrebbe esplorato. Il piatto era bellissimo da vedere e probabilmente molto buono da gustare, ma Camille era talmente stanca che si addormentò sul bancone, dove c’erano tutti i vasetti dei gusti aromatici, come il timo, l’aneto, il rosmarino, il basilico, l’origano, l’anice, la menta, e l’erba di San Pietro (che non aveva nessuno), che conferiva alle salse un gusto particolarmente forte e profumato. Dietro i vasetti c’era una lunga vetrata che dava sul mare immenso.

 

Ad un certo punto, Camille vide passare da una parte all’altra della grande cucina una spigola di mare, delle melanzane, dei ciuffetti di calamari, dei pomodorini...volavano? E come poteva essere? Gli ingredienti da cucina non avevano il potere di volare. Iniziò a sentire una voce acuta che si stava rivolgendo a qualcuno: “Dai Stupirello, muoviti! E tu, Tremolino, stai più dritto mentre porti questi cibi! Guarda come faccio io”. Camille sentì un’altra vocina di un altro essere che, da quanto aveva sentito, si chiamava Lacrimoso, il quale scoppiò a piangere, mentre diceva: “Le cipolle tocca sempre a me pelarle”. Scatto era il caposquadra poiché impartiva ordini e poi c'erano Gaietto e Saltarello i suoi aiutanti più veloci.

 

Dei folletti?”, si chiese Camille, come stordita. “Ma non è possibile, esistono solo nelle fiabe, non sono reali. Come possono essere qui nella mia cucina e aver portato tutto questo cibo?”. Il tavolo al centro della cucina era pieno di ogni meraviglia: pesce spada, branzini, astice, acciughe, molluschi, verdure di ogni genere, fresche e dai colori brillanti. Ad un tratto, uno dei piccoli folletti la guardò dritto negli occhi: “Camille, sveglia! Siamo qui per aiutarti a realizzare il tuo sogno, non vuoi forse preparare i piatti migliori del mondo?”. Il folletto che aveva parlato, ossia Scatto, si fermò un attimo per controllare il lavoro dei suoi amici, prima di riavvicinarsi ai fornelli.  

 

Erano così carini, con quelle orecchie a punta, i vestiti da marinaretti e la faccia paffutella. Veloci come fulmini, i folletti misero a bollire l’astice, ad infornare il branzino con le patate e a spadellare i calamari con i pomodorini, i capperi e le olive. Saltarello preparava il pane cunzato, ovvero il pane condito con pomodorini, olive, capperi, formaggio e acciughe. Scatto preparava gli spaghetti alla strombolana, i paccheri con astice alla catalana, la caponata all'antica e lo scorfano alla liparota. Saltarello, in ultimo, preparò i giggi, cioè i dolci tipici a base di pasta fritta e ricoperti di glassa di vino cotto e zucchero. Camille adorava quei dolci, erano quelli che le preparava sempre il nonno. A Camille non sembrava vero poter essere aiutata da qualcuno, come se quei folletti fossero dei veri amici, quelli che aveva sempre desiderato.

 

Era molto timida, quindi faceva molta fatica a stringere amicizie. Avrebbe dovuto aprirsi di più, forse tendere una mano a chiedere aiuto, perché riconoscere di  avere bisogno di qualcuno non è debolezza, anzi è un vero e proprio atto di coraggio. Perciò, per lei avere questi piccoli amici era un sogno. 

 

Camille si avvicinò piano alla postazione di Scatto e pose un dito sul suo cappellino per attirare la sua attenzione. Appena il folletto si accorse che Camille voleva chiedergli qualcosa, lasciò la preparazione della pasta a Gaietto. Camille, vedendoli tutti sorridenti, si sentì molto più a suo agio e fu pronta a porre le sue domande: “Apprezzo molto quello che state facendo, ma dimmi, come mai avete scelto proprio me? Siete già stati nel ristorante?”.

 

Scatto allargò il suo sorriso, mentre i suoi piccoli occhi celesti brillavano. “So che può sembrarti strano, visto che non ci hai mai visto prima, ma noi questo posto lo conosciamo molto bene, infatti ci abitiamo da sempre!”.

Camille sgranò gli occhi, facendo sì che tutti i folletti scoppiassero a ridere. La ragazza scosse la testa, capendo poco di questa faccenda. “Come è possibile che nessuno si sia accorto di voi? Siete in tanti!”. 

Non ha tutti i torti a chiederselo. Anche perché il pianto di Lacrimoso non passa certo inosservato!”. Ad aver parlato fu Saltarello, con la sua espressione furbetta, e questa volta anche Camille si lasciò coinvolgere nella risata generale che era esplosa nella cucina.

 

Scatto, una volta che tutti ripresero le loro mansioni, si rivolse nuovamente a Camille: “In realtà la tua famiglia sa che noi viviamo qui. O meglio, lo sanno tuo nonno Giuseppe e tuo padre Andrea. Molto tempo fa, Giuseppe, quando era giovane, aveva soccorso proprio il nonno di Saltarello, che era rimasto intrappolato in una cesta di pomodori. Le nostre famiglie, per ringraziarlo, lo hanno aiutato con i piatti con cui inaugurare il ristorante, e da allora hanno costruito un solido rapporto di amicizia”. 

 

Mentre Scatto spiegava, con la sua voce calma e paziente, Camille lo guardava affascinata, e, non poteva nasconderlo, anche un po’ commossa. 

Poi abbiamo aiutato anche tuo padre durante i suoi primi anni come chef...dovevi vedere come era insicuro! Adesso sa il fatto suo, non gli sfugge nulla”, continuò Scatto. “Entrambi non hanno mai detto a nessuno della nostra esistenza, perciò anche tu dovrai mantenere il segreto. Abbiamo sempre ammirato la tua passiona per la cucina e la tua creatività, e finalmente è arrivato il momento di aiutare anche te a spiccare il volo!

 

Camille si asciugò le lacrime di commozione con il suo grembiule. Allora aveva veramente trovato degli amici che non l’avrebbero più lasciata da sola...

 

Non so davvero come ringraziarvi! Prometto che darò il massimo e non vi deluderò!”, esclamò la ragazza, saltellando sul posto tutta contenta, mentre i poveri folletti, ormai stanchissimi, erano sdraiati sul tavolo, sul quale vi erano sistemati i più bei piatti che Camille avesse mai visto, tutti accanto a quello che lei aveva preparato poco prima.

 

La sera suo padre avrebbe aperto il ristorante e tutti avrebbero gustato la cucina di Camille. Avrebbe sorriso e parlato con tutti, senza timidezza, avrebbe aperto il suo cuore e tolto quella gabbia in cui si era rinchiusa, mostrando gentilezza verso tutti, perché “è con il miele che si conquista il mondo”... gliel'avevano insegnato suo nonno e i suoi nuovi, piccoli cari amici!

 

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