ESPLORATORI CORAGGIOSI

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Premio Oscar

di Monica Benvenga

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Un altro straordinario racconto della nostra Amica Monica!

 

 

 

Oscar era un bambino prodigio, fin da piccolo aveva dovuto lottare contro il suo nemico invisibile "Susan", come lo chiamava lui, proprio come Susan Storm, la donna invisibile dei Magnifici 4, il suo cartone animato preferito. Nel suo peregrinare da un ospedale all’altro, Oscar aveva sviluppato un udito fuori dal comune e un olfatto altrettanto forte: una vera e propria memoria olfattiva dove odori e ricordi si mescolavano nel giro di un respiro, proprio come aveva letto in un libro, dove veniva raccontato che ogni odore ci riporta ad un ricordo della nostra vita. Oscar riusciva a collegare l'odore delle medicine con retrogusto alla menta selvatica alla sua amata montagna, dove lui, appena poteva, andava a rifugiarsi e a ricaricarsi. 

 

Finalmente, quando guarì dalla sua malattia, poté ritornare con il padre in quei luoghi a lui tanto cari. Non gli sembrava vero: aveva paura che quello fosse solo un sogno! 

Era febbraio, l'aria era pungente e frizzantina. In quel periodo le marmotte uscivano dal letargo e quindi si potevano sentire i loro fischi, il loro linguaggio che avverte i componenti del gruppo della presenza di potenziali pericoli. L'unico viaggio che Oscar era riuscito a fare con la sua famiglia era stato a Whistler, in Canada. Whistler è il soprannome delle marmotte, perché significa fischiare. Quel paesino incantevole ne era veramente pieno! 

Dopo tanto tempo, Oscar rivide la neve e poté ritornare a rivivere le uscite notturne con le pelli di foca per poi godersi la prima alba con i suoi colori aranciati mozzafiato. 

 

Con il binocolo si potevano vedere gli stambecchi: sembravano immobili come fossero dipinti in un quadro, forse anche loro erano incantati dal panorama. 

Nei suoi bivacchi notturni, proprio come facevano gli sherpa nelle escursioni (raccontati dai suoi amati libri del suo idolo Reinhold Messner), il ragazzino raccoglieva la neve in un pentolino, la scaldava sul fuoco e poi metteva un infuso di the alla menta, il cui profumo era inebriante e cancellava il freddo pungente di quelle notti stellate. C'erano lui e il nulla, e in quel nulla c'era tutto. 

 

Il Monviso, chiamato "Re di Pietra", che dominava con la sua maestosa bellezza la Valle Po, era suo amico. Lui gli parlava, gli chiedeva consigli e il suo eco era così forte che sembrava ci fossero due Oscar. In lontananza si scorreva la caligine gallina, ovvero lo smog, nome che aveva sentito dire in ospedale e che gli era rimasto impresso. 

Oscar, nella solitudine, ritrovava se stesso più forte e determinato. Ogni step della salita era un traguardo, una vera sfida tra la sua debolezza fisica e la sua forza interiore. Una notte, Oscar e suo padre si fermarono in un rifugio: era sempre bello stare vicino al fuoco scoppiettante, mangiare polenta, accarezzare Spencer, il cane del padrone, così tenero e pacioccone, caratterizzato da un occhio nero e uno blu. 

 

Quella notte, quando andò a dormire, Oscar sentì un lamento, simile ad un pianto umano. Allora si alzò dal letto e corse immediatamente a chiamare suo padre, il quale gli disse che lui non sentiva nulla e gli consigliò di ritornare a dormire. Oscar, però, non riusciva più a prendere sonno. Fu così che nel silenzio della notte si alzò, s'infilò il giaccone, il cappello, gli scarponcini, prese una torcia e uscì con Spencer al seguito. 

Fuori si sentiva solo il rumore del vento tra i pini, mentre le stelle illuminavano quella notte così buia. Ad un certo punto, Oscar udì un lamento che sembrava quello di un neonato. Anche Spencer lo sentì e iniziò ad abbaiare. I due camminarono nella neve fresca con molta difficoltà, fino a ritrovarsi davanti ad una specie di igloo. Oscar ne illuminò l’interno con la torcia e lì vide quattro lupetti rannicchiati e infreddoliti. 

Il giovane esploratore era felice della sua scoperta, ma presto fu preso dal panico: non sapeva cosa fare! Se li avesse toccati, o presi, sarebbe potuta arrivare la mamma lupa, che, si sa, pur di proteggere i propri cuccioli avrebbe assalito chiunque.

 

Probabilmente i cuccioli avevano fame. Oscar, quindi, tornò al rifugio, svegliò il padre, gli raccontò cosa aveva visto e lo pregò di andare con lui. Una volta arrivati dai lupetti impauriti e affamati, il padre cercò nei dintorni se potesse esserci traccia della madre e purtroppo la trovò molto sofferente, con la zampa ferita. Essendo il padre un medico, riuscì a calmarla con un'iniezione, poi la curò, la fasciò e la mise vicino ai suoi cuccioli. 

Oscar era al settimo cielo: avevano salvato una vita! 

L'indomani Oscar e suo padre andarono a controllare come stavano i lupetti e videro che la lupa li stava allattando. Lei li guardò, non ringhiò e il suo sguardo sembrava persino dolce…come se li ringraziasse per averla guarita. 

Fu un'esperienza bellissima e da quel momento Oscar capì che il suo futuro sarebbe stato quello di aiutare gli altri. Sarebbe stata la sua missione!

 

"Ciao, cara montagna, è ora che io ritorni a studiare, ma ci rivedremo presto per un'altra avventura”.

 

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