C’era una volta un bambino di nome Pierino che non riusciva più a trovare il suo Coraggio. Si scervellava per ricordare dove l’avesse dimenticato: forse l’aveva lasciato a scuola, forse a casa della nonna, forse in giro durante una passeggiata. Il fatto è che ne aveva proprio bisogno, gli serviva subito, per mandare via la Paura che lo teneva stretto, sottobraccio, e non lo mollava mai, tanto che andava perfino a dormire insieme a lui.
La mamma e il papà avevano fatto di tutto per scacciarla, ma lei faceva la linguaccia e rimaneva lì, appiccicata, mentre Pierino faceva colazione, mentre andava in bagno, quando usciva per andare a fare i controlli dal dottore.
Sì, perché Pierino aveva una malattia e gli avevano detto che doveva andare in ospedale per essere curato. Ecco, si ricordò, era nell’ambulatorio del dottore che si era dimenticato il suo Coraggio e che era arrivata la Paura, prepotente, maleducata e tutta spettinata.
“Non ti preoccupare, ragazzino…” gli aveva detto, a mo’ di saluto.
“Guardi che io mi chiamo Pierino,” aveva risposto il bimbo, che amava la precisione.
“Come vuoi, Pierino, Paolino o tesorino. Volevo solo dirti che d’ora in poi starò sempre con te, sei contento?”
“No, se ne vada, non la voglio qui con me. Adesso chiamo il mio Coraggio e la faccio cacciare via!”
E poi aveva cominciato a chiamare: “Coraggio, Coraggio, dove sei?”
Ma il suo Coraggio non si era fatto vivo, forse si era nascosto da qualche parte e non veniva fuori per non dover affrontare la Paura, che era grossa e muscolosa, e aveva l’aria di saper picchiare per bene. Quindi ormai la situazione era questa: Pierino era costretto a stare sempre insieme a lei, che lo volesse o no.
Quel giorno Pierino doveva entrare in ospedale, e, anche se gli seccava parecchio, ci sarebbe dovuto entrare a braccetto con la Paura, che per l’occasione si era fatta bella, si era profumata e pettinata.
Lei era tutta contenta pensando che lì avrebbe potuto conoscere tanti ragazzini come Pierino e tante altre Paure come lei. Avrebbe fatto amicizia con loro e, visto che l’unione fa la forza, chissà quanto terrore avrebbero potuto diffondere!
Appena entrata nel reparto, però, rimase delusa. Lei amava gli ambienti tristi e lugubri, lì invece c’erano un sacco di colori e immagini di animali allegri e sorridenti.
“Così non va bene,” pensò. E cominciò a fare boccacce ai leoni, agli elefanti e alle scimmiette dipinte sulle pareti.
Loro, però, non si lasciarono insultare senza reagire. Una scimmietta prese Pierino per mano e lo portò nella giungla che si vedeva più avanti, a giocare con giraffe e con altri bambini che erano ricoverati come lui; il leone si mise davanti alla Paura e cominciò a fare ‘ROAR, ROAR!!! Infine arrivò l’elefante maestoso che levò la sua proboscide in alto dicendo:
“Tu qui non ci stai a fare niente. Questo è un posto dove i bimbi trovano la speranza e imparano a stare di nuovo bene. Devono affrontare delle prove, ma, grazie al loro coraggio e a tutte le persone gentili che si occupano di loro, le possono superare. Tu sei solo d’impiccio e te ne devi andare!”
Ma la Paura si mise a ridere malignamente e rispose:
“Hai detto bene, grazie al loro Coraggio. Ma Pierino il suo Coraggio l’ha perso e non si ricorda più dove l’ha lasciato. Per cui io non me ne vado!”
Il leone e l’elefante rimasero interdetti. Non si aspettavano una cosa del genere, e allora si girarono e si allontanarono brontolando.
Intanto Pierino, che era entrato molto timidamente nella giungla dipinta, adesso si sentiva già più disinvolto; aveva fatto amicizia con un giaguaro, un orango e anche con una rana. E aveva cominciato a parlare con Lucia e con Alberto, due bambini della sua età che erano ricoverati in ospedale come lui, e che erano andati lì per fare due chiacchiere con gli animali.
I suoi nuovi amichetti gli raccontarono che in ospedale poteva rilassarsi e sentirsi al sicuro; le persone che lo avrebbero preso in cura erano tutte molto carine e gentili, e non si sarebbe sentito solo. C’erano gli altri bimbi, gli animali sulle pareti e mamma e papà che sarebbero sempre venuti a trovarlo o a stare con lui se ce ne fosse stato bisogno.
“Qui nessuno è solo,” disse Lucia dandogli un bacino.
Pierino cominciava a sentirsi molto meglio, e mentre parlava con gli animali e gli altri bimbi, gli sembrò di sentire una vocina da dentro la sua pancia che lo chiamava, prima piano pianissimo e poi sempre più forte:
“Pierino, sono qui, mi ero nascosto, ma ora vengo fuori, aspettami!”
“Ma chi sei?” domandò lui sorpreso.
“Sono il tuo Coraggio, dai che adesso arrivo…”
E alla fine saltò fuori, tutto allegro e colorato, e cominciò a crescere e non lo abbandonò più.
E la Paura? Cosa successe alla Paura? Mentre il coraggio di Pierino cresceva, la Paura dispettosa diventava sempre più piccola, più rinsecchita e magra, e alla fine di lei rimase solo una specie di pallottola grigia sul pavimento della stanza di Pierino.
La signora che faceva le pulizie la vide per terra il mattino dopo e disse:
“Ma guarda un po’che sbadata. Ho lasciato della sporcizia per terra.” Così prese la scopa, la spazzò via e la buttò nel sacco dell’immondizia. E della paura nessuno sentì più parlare!